Ho molto apprezzato lo stile sobrio, anti-elogiativo e sincero di Draghi nella conferenza stampa del 19 marzo sul decreto sostegni. Mi ha colpito però la sua risposta a diverse domande dei giornalisti sul modo di procedere insieme all’Europa o fare da soli sul problema della pandemia e sulle vaccinazioni. Draghi ha detto che che se non è possibile fare le cose insieme all ‘Europa, il pragmatismo ci impone di fare da soli. Presidente Draghi, se questo suo pragmatismo fosse applicato, in maniera non equilibrata, all’economia duale di questo nostro Paese, che direbbe se il Sud, a fronte di un Nord più reattivo e ricco di progetti, fosse trascurato nella progettualità imprenditoriale e infrastrutturale e nella conseguente ripartizione dei fondi per il PNRR? Presidente Draghi, lei è un uomo d’onore e conosce bene la macroeconomia e sa bene i limiti del pragmatismo per tutelare l’interesse comune. Pragmaticamente dovrebbe rispondere che il Nord vada avanti da solo e che il Sud se la cavi! Questo significherebbe spezzare il paese economicamente, socialmente e politicamente.
Una frattura insanabile per l’unità! Il suo pragmatismo non va bene per una visione unitaria del Paese, economica e sociale e per un significativo superamento delle disparità regionali. Questo tipo di pragmatismo lo deve mettere in soffitta e tenga a freno i suoi ministri, in particolare quello dello sviluppo economico, sollecitandoli culturalmente ad avere una visione equilibrata e corretta dello sviluppo del Paese. Ci aspettiamo delle risposte concrete nella conclamata audizione dei diversi stakeholder (quali e scelti come?) sul Sud, organizzato dal ministro Mara Carfagna che si dovrebbe tenere il 23/24 marzo 2021. Per troppo tempo il Sud ha aspettato che altri decidessero, è ora di avvertire per tempo, perlomeno da parte di chi conosce le problematiche del Sud e dei suoi disagi, i decisori pubblici di valutare in maniera diversa dal passato i processi di sviluppo nel Sud. Fiducia a tutti, credito a nessuno, se vogliamo aiutare le giovani generazioni, uscendo dalla pigrizia, dal fatalismo e dal carpe diem che ha contraddistinto una certa cultura meridionale. Questo modo di fare ha sortito già dei suoi effetti a partire da settembre 2020 anche nella scrittura del PNRR di Conte ancora di più lo sarà in quello di Draghi, dove finalmente vi sarà un capitolo Sud.
La dialettica serve ed è uno strumento di democrazia. Non siamo fans di nessuno, siamo fans della concretezza e dei risultati e soprattutto del raggiungimento di obiettivi di sviluppo. Il problema non sono solo le politiche per il Sud, ma il superamento delle disparità regionali in termini sociali, economici e i diritti di non pari cittadinanza. Il PNRR prevede progetti realizzabili entro il 2027 e stadi di avanzamento verificabili per erogazioni di nuove tranche di fondi. La maggior parte dei progetti, in termini di numero e di quantità di risorse , già avviati sono nel Nord del Paese, a Sud ce ne sono pochi. Un pragmatismo imprenditoriale porterebbe logicamente a investire su delle certezze, per rispettare le condizionalità europee, e su progetti già avviati, anche risparmiando spesa pubblica, invece che mettere in campo nuovi progetti e realizzare nuovi investimenti, questo è un semplice ragionamento. Oltre il pragmatismo, serve il coraggio e la volontà. Il Paese resta unico, ma non si può più pensare di sviluppare il Nord sperando che per tracimazione lo sviluppo arrivi al Sud. Sicuramente Draghi e Franco sono dei professionisti con i loro grandi pregi e i loro limiti , ma per sviluppare il paese in maniera equilibrata serve la Politica, nel senso nobile del termine.